venerdì 27 giugno 2008

Obama e Veltroni

Naturalmente i giornali italiani non se ne sono accorti ma a Barack Obama è bastata una decina di giorni da “candidato a pieno titolo” per veltronizzarsi. Ovvero: ha rotto con la sinistra del partito, ha preso posizioni deboli e opportunistiche su temi importanti come le intercettazioni telefoniche e, infine, ha permesso al suo avversario di dettare l’agenda della campagna elettorale. Quasi un record per un candidato acclamato come il Messia per tutta la primavera.Il primo motivo di tensione con l’area di cyber attivisti che è statadeterminante per la sua vittoria (e che sono assai più a sinistra dei notabili del partito) è stata una legge fortemente voluta dall’amministrazione Bush che concede l’immunità da ogni procedimento giudiziario alle compagnie telefoniche che hanno effettuato ascolti telefonici illegali (al contrario dell’Italia, dove solo la magistratura può ordinare le intercettazioni, negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, FBI, CIA e altre agenzie governative hanno messo in opera immense reti di controllo fuorilegge, vagamente giustificate in nome della “sicurezza nazionale”).La legge ha trovato i repubblicani compattamente favorevoli e una parte dei democratici disposti al “compromesso” per non apparire poco patriottici in campagna elettorale. Fra i senatori disposti a inghiottire il pasticcio c’è, almeno finora, anche Barack Obama. La “blogosfera” è invece ferocemente contraria a questa amnistia mascherata per le attività illegali di Bush e Cheney.Il secondo punto di tensione è apparso ieri con la sentenza della Corte Suprema sul diritto di portare armi. La sentenza costituzionalizza in senso reazionario quella che era stata fin qui un’area grigia della legislazione americana e cioè riconosce un diritto quasi assoluto (derivato dal II emendamento) al possesso di armi da fuoco. La Corte si è divisa 5 a 4 e l’estensore della sentenza, per la maggioranza, è stato il giudice Anthony Scalia (sempre lo stesso simpatizzante di Tamerlano di cui parlavamo la settimana scorsa).Naturalmente, i progressisti sono sempre stati per una legislazione sulle armi di tipo europeo, quindi molto restrittiva, anche per limitare i danni che le armi da fuoco infliggono alla salute pubblica (nelle stesse ore in cui veniva emanata la sentenza, un impiegato del Kentucky uccideva 5 colleghi e poi si suicidava). E cosa ha dichiarato, invece, Obama commentando la sentenza della Corte Suprema? Di aver sempre “creduto nel diritto individuale di portare armi”, una trasparente apertura verso le lobby di fanatici possessori di armi da fuoco che sono un pezzo importante dell’apparato repubblicano.Ma queste potrebbero essere divergenze minori, temi secondari su cui il candidato realista cerca di corazzarsi contro i prevedibili attacchi avversari. Il problema che emerge nelle discussioni su DailyKos o sullo Huffington Post è la mollezza di Obama nel definirsi come candidato, la sua incapacità (fin qui) di offrire slogan credibili e di prendere impegni che mobilitino i cittadini. Malgrado la preoccupazione dominante dell’80% degli americani sia l’economia, Obama non ha ancora avanzato proposte concrete né sul terreno dell’aumento della benzina né su quello della crisi bancaria, limitandosi a criticare le proposte di McCain. Il risultato è che rimane effettivamente in testa nei sondaggi, ma con il ristretto margine 45% a 41% mentre il suo partito viene plebiscitato dagli elettori, quanto meno nelle intenzioni di voto. In altre parole, i candidati democratici alla Camera e al Senato godono di una media nazionale del 53% delle intenzioni di voto mentre il loro leader messianico sta 8 punti indietro: come mai? La ragione è che per il momento Obama è un candidato che piace ai media e riscalda le platee ma il suo spessore politico deve ancora essere mostrato al grande pubblico. Non c’è che da sperare nella lunga campagna elettorale che ancora lo separa dal voto del 4 novembre: nei prossimi quattro mesi è obbligatorio de-veltronizzarsi.
Fabrizio Tonello