venerdì 20 giugno 2008

Gli americani e il prezzo della benzina

Washington D.C. – Nel marzo 1999 la rivista umoristica The Onion pubblicava sul proprio sito web una infografica celebrativa della “grande abbondanza di petrolio”, ironizzando su cosa avrebbero fatto gli americani per sfruttare l’inesauribile disponibilità di benzina di quei giorni. Il primo marzo di quell’anno il prezzo della benzina in America era di 1,10 dollari al gallone (circa 30 centesimi di dollaro al litro), il più basso registrato in venti anni. The Onion prevedeva che, per godere di tale surplus, gli americani avrebbero guidato la macchina dalla camera da letto al frigorifero, a veicolo fermo avrebbero sgasato per un paio d’ore ogni sera prima di andare a dormire, e avrebbero risparmiato sul conto della spesa utilizzando benzina anziché latte per annegare i cereali a colazione.A quasi dieci anni di distanza, il petrolio costa oggi 135 dollari al barile, che si traduce in 4,31 dollari al gallone (ovvero 1,14 dollari al litro, o circa 60 centesimi di euro) dal benzinaio dietro casa, e gli americani sono tornati a comprare il latte regolarmente. Un sondaggio condotto dalla Quinnipac University in New Jersey, e pubblicato il 12 giugno, offre una fotografia accurata dei sentimenti degli americani a proposito del prezzo della benzina; il 46% degli elettori contattati ha detto di considerare l’economia come la preoccupazione principale, seguita a distanza dalla guerra in Iraq con il 23%. Tra le varie tematiche economiche, il 41% degli intervistati ha dichiarato che il prezzo della benzina è quella che li colpisce più duramente, con un secondo posto distaccato che va, con il 19% delle preferenze, ai costi per la sanità. In un altro recente sondaggio, condotto il 15 giugno da Washington Post e ABC News, il 77% degli americani ha confessato che l’aumento del prezzo della benzina è stato causa diretta di inattesi problemi finanziari per la propria famiglia.Tale inquietudine non deve sorprendere, considerato che la società americana è fondata sull’utilizzo indiscriminato delle fonti di energia, prima tra tutte il petrolio. Secondo dati della CIA, gli Stati Uniti ne assorbono quasi 21 milioni di barili al giorno. L’Unione Europea è al secondo posto con 14 milioni e cinquencentomila barili. Altrettanto significativi sono i numeri a proposito del consumo quotidiano pro-capite. Negli Stati Uniti, la media è di 11,3 litri al giorno. Negli altri paesi appartententi all’OCSE, questa cifra scende a 5,3 litri al giorno, e nel terzo mondo il consumo giornaliero pro-capite di petrolio è di appena 0,75 litri al giorno. Naturalmente le preoccupazioni dei cittadini americani cominciano ad influenzare il dibattito politico e la campagna elettorale 2008, e si riflettono nelle nuove proposte di Barack Obama e John McCain. Nonostante sia considerato un repubblicano moderato e quasi ambientalista, McCain non sembra offrire una visione convincente in tema di energia, e la gran parte delle idee che propone non sono altro che tentativi di aumentare l’offerta di greggio aprendo nuovi pozzi petroliferi, possibilmente non in Medio Oriente. È significativa in questo senso una posizione da lui presa di recente, e riproposta da George W. Bush, di combattere il rialzo del prezzo del greggio lasciando maggior libertà agli stati dell’Unione e alle compagnie petrolifere di condurre esplorazioni sui fondali al largo delle coste statunitensi. Va detto che, per il momento, McCain rimane contrario a nuovi scavi nell’Arctic National Wildlife Refuge, un parco nazionale in Alaska che da anni l’Amministrazione Bush prova ad aprire alle attività dell’industria del petrolio. Tra le altre proposte avanzate negli ultimi mesi dal candidato repubblicano alla Casa Bianca, e che aveva trovato il sostegno anche di Hillary Clinton, la più controversa è stata quella di una sospensione estiva della tassa federale sulla benzina. Nei giorni immediatamente successivi alla presentazione dell’idea, un gruppo di 200 economisti fra i quali Joseph Stiglitz, ha firmato una lettera in cui si dichiarava che la moratoria avrebbe portato benefici solo all’industria petrolifera e che avrebbe contribuito ad un ulteriore incremento del budget federale. Calcolando che la sospensione del pagamento dei 18,4 cent al gallone destinati alle casse federali avrebbe garantito un risparmio al singolo utente di soli 30 dollari, Barack Obama ha ridicolizzato la proposta. Del resto, il programma per l’energia del Senatore dell’Illinois non potrebbe essere più diverso. Fondato su un sostanzioso intervento governativo, il piano da 15 miliardi di dollari l’anno proposto da Obama verrebbe finanziato attraverso l’imposizione di un sistema di cap-and-trade per limitare le emissioni industriali di ossido di carbonio. I 150 miliardi di dollari così raccolti verrebbero utilizzati, nel corso di 10 anni, per sviluppare alternative al petrolio, dall’energia eolica a quella solare e, potenzialmente, nucleare. Dal recente sondaggio di Washington Post/ABC News emerge che gli elettori preferiscono, per ora, l’approccio di Obama. Il 50% degli intervistati dichiara di apprezzare le proposte in tema di energia e prezzo della benzina del Senatore dell’Illinois, mentre solo il 30% guardano positivamente alle idee di John McCain. Va notata però una mancanza sostanziale nei programmi di entrambi. Si parla assai poco di riduzione complessiva dei consumi. Considerato lo sviluppo di paesi come la Cina e l’India, e la quantità di risorse che tale sviluppo richiede, i paesi occidentali saranno obbligati a rivedere le proprie politiche energetiche, in particolare nel caso degli Stati Uniti, la cui economia è tra tutte la più intensiva nell’uso di energia. Paradossalmente, ci sta pensando proprio il prezzo della benzina a ridurre i consumi in America. Il 55% degli Americani, e il 72% di coloro che si dichiarano più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio, ha confessato al Washington Post/ABC News di aver già diminuito il numero di chilometri percorsi in automobile.
Valentina Pasquali