mercoledì 30 aprile 2008

Le strategie di Hillary




Da Graham (North Carolina), Hillary Clinton esprime la propria solidarietà a Obama per lo spot repubblicano in onda sulle tv locali dello stato, e chiede che vengano conteggiati i voti delle primarie del Michigan e della Florida.

martedì 29 aprile 2008

La sanita' secondo McCain

Questo lo spot pubblicitario in cui McCain racconta il proprio piano di riforma sanitaria.

Il sindacato contro McCain

Questo uno spot televisivo pagato dal sindacato S.E.I.U. (Service Employees International Union) e che attacca il candidato repubblicano alla presidenza John McCain e il suo programma per la sanita'.

I sogni di Hillary

Hillary Clinton lancia un nuovo spot televisivo in Indiana, dove si vota martedi' 6 maggio, che sottolinea le origini semplici della ex-first lady. Il titolo dello spot e' Dreams

Repubblicani contro Obama




In North Carolina il partito repubblicano ha deciso di attaccare direttamente Barack Obama. E in questo spot televisivo, è ancora la controversa figura del reverendo Jeremiah Wright a tenere banco.

domenica 27 aprile 2008

sabato 26 aprile 2008

Clinton in Indiana

Barack Obama in Indiana

Uno spot di McCain




Ormai proiettato sulle elezioni di novembre, il candidato repubblicano ignora i contendenti democratici e si propone come figura autorevole, superiore alle polemiche che infiammano l'altro schieramento.

venerdì 25 aprile 2008

Tolleranza Zero

Si parla molto di “sicurezza” anche negli Stati Uniti, quest’anno, anche se fino ad ora il tema è più legato alla “sicurezza nazionale” che non alla criminalità, come appare dagli spot di Hillary Clinton e di John McCain, che trovate qui. Poiché in Italia, invece, il tema criminalità è scottante e, anche nel Partito Democratico, si sente molto dire che “la sicurezza non è né di destra né di sinistra” sarà bene affrontare il tema con un minimo di sistematicità. La “Tolleranza Zero”, come scrive Valentina Pasquali, nell’articolo qui sotto, è una teoria che risale agli anni Settanta, quando gli Stati Uniti dovettero affrontare un’ondata di criminalità molto preoccupante. Oggi si tirano i primi bilanci e ci si chiede: “Ma ha davvero funzionato? Che risultati ha avuto?”Il bilancio che ne fanno due studiosi come Bernard Harcourt e Jonathan Simon (vedi qui) è desolante: una politica che ha condotto all’incarcerazione di massa, a costi insostenibili, a una perpetuazione della paura in città senza ottenere risultati significativi. Del resto, “la sicurezza non è né di destra né di sinistra” ma dovrebbe essere ovvio che le soluzioni ai problemi della sicurezza possono essere di destra oppure di sinistra. Si può prendere come pensatore di riferimento Cesare Beccaria oppure Roberto Calderoli: i risultati non sono gli stessi.Prendiamo il caso della studentessa africana accoltellata da un rumeno la settimana scorsa a Roma e, fortunatamente, sopravvissuta. E’ stata l’occasione per una rincorsa sul tema della criminalità degli immigrati ma, secondo i dati ISTAT, la violenza sulle donne è commessa per la stragrande maggioranza da uomini italiani, spesso familiari delle malcapitate.I dati 2006 indicano che in Italia il 14,3% delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner; se si considerano solo le donne con un ex partner la percentuale arriva al 17,3%. Gli stupri e i tentati stupri sono commessi più frequentemente da amici (23,8%), conoscenti (12,3%), fidanzati o ex fidanzati (17,4%), mariti o ex mariti (20,2%), e solo in minima parte da estranei (3,5%). Avete letto bene: tre e mezzo per cento. Solo il 21% delle violenze sessuali avviene per strada. Avete letto bene: ventuno per cento, cioè una su cinque. Per il resto le violenze avvengono a casa propria o di amici e parenti. E' evidente dai dati che gli stupri commessi da sconosciuti, che siano italiani, cittadini comunitari o extracomunitari costituiscono una esigua minoranza. Il luogo più pericoloso non è la strada buia ma la cucina di casa propria.Non potendo espellere gli italiani che commettono violenze ai danni delle donne, cosa resta delle proposte della Lega e del Pdl? Solo demagogia, usata come pretesto per vincere elezioni, non per tutelare tutte le altre donne (la maggioranza) che subiscono violenze da italiani. Sarebbe bene che su problemi complessi come questo, il Partito democratico avviasse una riflessione seria, senza cedere alla tentazione di seguire le mode invece di guardare ai dati.
Fabrizio Tonello

Più carcerati negli Stati Uniti che in Cina

Washington, DC - Oggi si parla molto anche in Italia della famosa politica di Tolleranza Zero resa famosa dal sindaco di New York Rudy Giuliani e dal suo capo della polizia William J. Bratton negli anni Ottanta. Si propongono nuove leggi a “Tolleranza Zero” per il consumo di droga, o contro l’accattonaggio, si parla di “ronde” composte di volontari per soddisfare il bisogno di sicurezza dei cittadini. Ma questa teoria da dove viene? E, soprattutto, negli Stati Uniti, ha funzionato?La Tolleranza Zero ha le proprie radici nella teoria cosidetta “broken windows”, del criminologo George L. Kelling. Nell’opinione di Kelling e dei suoi seguaci, un’applicazione aggressiva della legge anche nel caso di infrazioni marginali, come ad esempio il mancato pagamento del biglietto della metropolitana, creando un’atmosfera di legalità ed il senso della presenza pervasiva delle forze dell’ordine, nel lungo periodo contribuisce alla diminuizione del tasso di criminalità complessivo.Secondo dati pubblicati dal JFA Institute, un’organizzazione non-profit che lavora in collaborazione con il governo alla valutazione dell’efficienza del sistema penitenziario, nel 1970 c’erano 196.429 carcerati nelle prigioni federali e statali americane. Oggi questo numero è salito a 1,5 milioni, a cui vanno aggiunti i 750.000 che si trovano nelle carceri locali. Secondo altri dati rilasciati dall’International Center for Prison Studies del King’s College di Londra e pubblicati mercoledì dal New York Times, gli Stati Uniti sono in testa alla graduatoria mondiale dei detenuti, molto avanti rispetto alla Cina, che, pur avendo una popolazione cinque volte superiore a quella americana, ha “solo” 1,6 milioni di carcerati. La percentuale di persone incarcerate sul numero totale di abitanti sottolinea ancor più gravemente la situazione. 751 Americani ogni 100.000 si trovano in prigione. Se si considera esclusivamente la popolazione adulta, ci dice uno studio del Pew Charitable Trusts, circa un Americano su 100 è dietro le sbarre. La Russia ha “solo” 627 carcerati per 100.000 abitanti, l’Inghilterra 151 e il Giappone 63.La crescita inarrestabile nel numero dei carcerati americani è iniziata a metà degli anni Settanta. Secondo i dati relativi al periodo 1925-1975, c’erano circa 110 persone in galera per 100.000 abitanti. Poi gli Stati Uniti sono stati travolti dall’ondata politico-populista della Tolleranza Zero, e dalle conseguenze che quest’ultima ha avuto in particolare sulla cosidetta “War on Drugs”, iniziata già nel 1971 da Richard Nixon e culminata nel 1988 con la creazione da parte di Ronald Reagan dell’Office of National Drug Control Policy, un ente governativo incaricato di coordinare l’attività dei vari ministeri nella lotta alla droga. L’inasprimento delle sentenze per crimini legati al traffico e al consumo di stupefacenti ha contribuito significativamente all’aumento della popolazione carceraria americana. Nel 1980 40.000 persone erano in galera per crimini legati alla droga. Questo numero è salito oggi a quota 500.000.Naturalmente, all’aumento del numero di carcerati è corrisposto un pari aumento dei costi del sistema penitenziario. Secondo i dati del Pew Charitable Trusts, le prigioni americane costavano 9 miliardi di dollari l’anno 25 anni fa, e ne costano oggi 60 miliardi. E si prevede un carico addizionale di 27,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, necessario a far fronte all’espansione e alla manutenzione delle infrastrutture che devono ospitare il numero crescente di carcerati. Il conto è salato anche per le casse statali. Un diverso studio pubblicato dal Pew Charitable Trust all’inizio del 2008, ha rilevato che nel 1987 gli stati americani spendevano complessivamente 10,6 miliardi di dollari del proprio budget per il sistema correzionale. Dieci anni più tardi, nel 2007, questa cifra era salita a 44 miliardi di dollari, un balzo del 315%. Nello stesso periodo, per fare un esempio, la spesa per l’educazione universitaria è cresciuta del 21%, quindici volte di meno.

Valentina Pasquali

giovedì 24 aprile 2008

Obama e Clinton: "Umbrella"




Divertente video-parodia sulle note della canzone "Umbrella" di Rihanna. Su YouTube ha raggiunto oltre 6 milioni di contatti.

I Simpson e McCain



Una delle molte parodie fiorite in questa campagna elettorale su YouTube.

mercoledì 23 aprile 2008

lunedì 21 aprile 2008

Hillary: "Economia? So io come fare"




Dopo tanti spot contro Obama, ecco finalmente un messaggio che attacca i repubblicani e la disastrosa politica economica di George W. Bush.

venerdì 18 aprile 2008

Dalla Pennsylvania al Veneto

E’ significativo che le primarie in Pennsylvania, martedì prossimo, e le elezioni in Italia, domenica scorsa, abbiano portato alla ribalta lo stesso tema: per chi vota la classe operaia? Negli Stati Uniti Hillary Clinton ha lanciato un furioso attacco contro Barack Obama per una frase in cui il suo antagonista per la nomination diceva che molti ex operai che vivono in città dove i posti di lavoro sono scomparsi 25 anni fa e non sono stati sostituiti da nessun nuovo tipo di opportunità, “sono amareggiati e si attaccano alle armi da fuoco, alla religione o all’ostilità verso chi non è come loro (…) come modo di esprimere la loro frustrazione”. Hillary, rivelando una volta di più la stupefacente profondità del suo cinismo, ha immediatamente confezionato uno spot televisivo, e moltiplicato le dichiarazioni, per accusare Obama di essere “antireligioso”. Poiché nella politica americana la religione è un tema delicato (e usualmente sfruttato dai repubblicani) il New York Times è sceso in campo con un editoriale dicendo sostanzialmente ai due candidati democratici di parlare d’altro (per esempio l’Iraq e l’economia) invece di farsi male a vicenda su questo tema.Ma, naturalmente, il problema non è solo la religione: è il dibattito che va avanti da anni negli Stati Uniti sui motivi per cui molti lavoratori che avrebbero tutto l’interesse a sostenere i candidati democratici votano invece per i repubblicani. In fondo anche l’Italia, all’indomani del voto, scopre di non essere un paese così “anomalo”: anche da noi molti operai votano per la destra, in particolare per la Lega. Come in Francia hanno votato, fin dagli anni Ottanta, per Le Pen.Negli Stati Uniti, la percentuale di voto operaio bianco che va ai candidati democratici non è mai stata molto alta, oscillando nel dopoguerra attorno al 50% (un’analisi più approfondita qui). Alcuni studiosi ne hanno fatto un fenomeno regionale, legato alla fine della segregazione razziale nel Sud e all’antipatia che i lavoratori manuali bianchi hanno nutrito dal 1965 in poi verso il partito che aveva permesso ai neri di votare, i democratici. Ma ci sono buone ragioni per credere che, in realtà, il vero motore dell’ostilità verso un partito che viene percepito come dominato dalle minoranze (borghesia progressista, donne in carriera, afroamericani) e indifferente alle sorti delle vittime della crisi economica sia un profondo risentimento.Ohio, Pennsylvania, Indiana, sono grandi stati che contengono numerose aree di antica industrializzazione, devastate dallo spostamento delle fabbriche all’estero, o dalla loro semplice chiusura e non sostituite da posti di lavoro fruibili per gli ex operai delle acciaierie. La loro ostilità verso l’immigrazione è simile a quella delle aree pedemontane dove la Lega ha ottenuto i maggiori consensi, non tanto perché i lavoratori siano intrinsecamente xenofobi quanto perché è forte la sensazione di abbandono, di non avere voce, di essere abbandonati in balia di forze incomprensibili come il mercato globale. Al contrario le minoranze di professionisti delle grandi città profittano della globalizzazione e non la temono.La sinistra americana, come quella italiana, ha dato la sensazione di essere più attenta ai diritti civili che a quelli economici, difendendo il libero scambio e l’immigrazione più che il salario, la casa o la sicurezza nei quartieri. Le scelte dei candidati vanno nello stesso senso: per quanto abbia improvvisato un messaggio economico populista nelle ultime settimane, Hillary Clinton rimane la moglie del presidente che ha fatto approvare il mercato unico con Messico e Canada (NAFTA) con i voti repubbicani e contro la maggioranza del suo partito. Così Massimo Calearo, rappresentante di un grande gruppo ed ex presidente di Federmeccanica, difficilmente viene percepito come “uno di noi” dagli ex operai che si sono messi in proprio rischiando la liquidazione per aprire un’azienda i cui unici dipendenti sono la moglie, due figli e, forse, un cugino.La credibilità di una proposta elettorale, per una legge elementare della comunicazione politica, si costruisce nel tempo e le candidature improvvisate non scalfiscono le percezioni dei leader che si sono consolidate negli anni precedenti. Gli operai esistono, e votano: come ha detto Massimo Cacciari al convegno di Milano lo scorso febbraio, qualsiasi partito che voglia chiamarsi “democratico”, “laburista” o “socialdemocratico” farà bene a ricordarselo.
Fabrizio Tonello

Religione in America

Washington DC – Con la guerra in Iraq e la crisi economica, anche la religione torna al centro del dibattito politico americano. In seguito alle dichiarazioni fatte la settimana scorsa da Barack Obama sul fatto che gli americani di provincia si rivolgono alla fede nei momenti di frustrazione, la polemica sul significato della religiosità nella vita politica americana si è diffusa per tutto il paese mentre sia Hillary Clinton che John McCain accusavano il Senatore dell’Illinois di essere un liberal intellettuale che ha perso il contatto con la gente comune. Nel frattempo è sbarcato a Washington mercoledì Papa Benedetto XVI per un incontro con il Presidente George Bush, e una visita di sei giorni che include, oltre alla capitale federale, una fermata a New York City.Qual’è dunque la composizione religiosa degli Stati Uniti e quanto devoto è questo paese?In un sondaggio condotto nel 2006 dal Pew Forum on Religion and Public Life, affiliato con il Pew Research Center, un centro di ricerca con sede a Washington DC, il 67% degli americani descriveva gli Stati Uniti come un paese cristiano. Il Pew Forum si occupa proprio di monitorare e analizzare i trend religiosi negli Stati Uniti e, nel febbraio 2008, ha pubblicato uno studio dal titolo U.S. Religious Landscape Survey, che contiene i risultati di un’indagine condotta intervistando 35.000 americani oltre i diciotto anni d’età.Il 26,3% degli americani dichiara di appartenere ad una qualche confessione protestante evangelica, come ad esempio la chiesa battista evangelica o quella pentecostale evangelica e luterana evangelica. Al secondo posto ci sono i cattolici, con il 23,9% delle preferenze. Il 18,1% degli americani è di fede protestante “classica”, come ad esempio i battisti, metodisti, presbiteriani e luterani non-evangelici. Il 6,9% sono gli statunitensi che frequentano chiese legate all’ideologia di liberazione nera ed esclusivamente costituite di congregazioni afro-americane. Gli ebrei rappresentano l’1,7% della popolazione, i musulmani lo 0,6%. Il 16,1% degli intervistati si dichiara senza affiliazione religiosa specifica, che non significa non-credente.I protestanti evangelici sono particolarmente numerosi negli stati del centro sud, la cosiddetta Bible Belt, ed in particolare in Tennessee, Oklahoma e Arkansas dove rappresentano oltre la metà della popolazione. La tradizione protestante tradizionale ha il maggior numero di aderenti negli stati rurali del nord: Minnesota, North Dakota e South Dakota. I cattolici sono concentrati nel nord-est, in New Jersey, Massachusetts, Connecticut e Rhode Island.Il gruppo più numeroso di praticanti ha redditi bassi, un dato che sembra essere vero in particolare per le chiese afroamericane, il 47% degli appartenenti alle quali guadagna meno di 30.000 dollari l’anno. Del resto, su base nazionale, i neri americani hanno redditi inferiori a quelli dei bianchi. Gli ebrei e gli indù mostrano i più alti livelli di educazione, mentre in generale tra il 30 e il 40% degli affiliati ad un qualsiasi credo religioso posseggono un diploma di scuola superiore e tra il 20 e il 30% una laurea.Gli americani che si dichiarano credenti sostengono la pena di morte in percentuali più alte della media nazionale, anche se la differenza è limitata. Il 62% dei cittadini statunitensi è favorevole alla pena capitale, un numero che sale al 67% dei cattolici ed il 74% dei protestanti evangelici. La religione ha un impatto maggiore sull’opinione degli americani per quanto riguarda il matrimonio gay. Tra coloro che vanno a messa almeno una volta alla settimana, il 73% vi è opposto. Gli evangelici sono i più compatti nella condanna dell’unione matrimoniale tra persone dello stesso sesso, con l’81% di contrari. Invece, solo il 47% dei cattolici non-ispanici ha un’opinione negativa del matrimonio gay, meno della media nazionale. Il dato è sorprendente se si pensa alla situazione in Italia. Quanto alla scienza e alla biologia, i risultati più inquietanti arrivano dai Cristiani evangelici, tra cui solo il 28% dichiara di credere nell’evoluzione, e un ancor più misero 6% accetta l’idea che l’evoluzione sia avvenuta per selezione naturale.Quanto all’aspetto più direttamente politico, il Pew Forum scrive; “Gli Stati Uniti hanno una lunga tradizione di separazione tra stato e chiesa, e allo stesso tempo una tendenza profonda a mischiare religione e politica”. In un sondaggio dell’agosto 2007 ad esempio, la maggioranza degli americani (69%) si è dichiarata d’accordo sul fatto che è importante che il Presidente degli Stati Uniti mostri di possedere convinzioni religiose forti. Il pubblico statunitense pare anche vedere di buon grado l’abitudine di George Bush a fare riferimenti alla fede come ispirazione per le proprie scelte politiche. Un rilevamento statistico del 2006 mostra che circa la metà degli intervistati, il 52%, ritiene che il Presidente Bush parli delle proprie convinzioni religiose in una giusta proporzione, e un ulteriore 14% lamenta invece il fatto che non le citi a sufficienza. Gli americani sembrano anche pensare che la religione stia perdendo d’influenza nella società di oggi. Di questo 59%, la gran parte è convinta che si tratti di una tendenza negativa e auspicano maggior presenza della fede nella vita pubblica del paese.Nonostante ciò, la maggioranza di Americani pare ancora convinta che le scelte e necessità dei cittadini debbano dare forma al sistema legale, anche se una minoranza cospicua, ovvero il 32%, ritiene che invece dovrebbe essere la Bibbia la base della legge.Considerato questo panorama, non deve sorprendere che le frange più religiose del paese votino tendenzialmente repubblicano. Il Partito Democratico è visto da tutto l’elettorato, persino dagli stessi democratici, come meno attento alla voce del signore. Solo il 26% degli intervistati pensa al partito dell’asinello come amico della religione. Più interessante è il fatto che nemmeno i Repubblicani sono sufficientemente devoti, nell’opinione di alcuni gruppi di fedeli, in particolare i Cristiani evangelici. La metà di costoro, 49%, ritiene che il partito dell’elefante sia troppo poco incline a sentire le ragioni della fede. Per via del fatto che, come scrive il Pew Forum, “gli evangelici esprimono pareri distintamente differenti da quelli del resto del pubblico, e persino rispetto agli altri gruppi religiosi,” costoro rimangono una forza importante sulla scena politica americana, e la loro influenza sul Partito Repubblicano e la capacità di trascinare i candidati del GOP verso posizioni più simili alle proprie, non deve essere sottovalutata.
Valentina Pasquali

giovedì 17 aprile 2008

Un ennesimo dibattito televisivo tra i candidati democratici

Questa e' una clip creata da Talking Points Memo con i momenti piu' significativi del dibattito tra Hillary Clinton e Barack Obama trasmesso mercoledi' sera dal network ABC in diretta da Philadelphia. Tutti concordano che il dibattito e' stato il peggiore sin qui. Non si e' quasi parlato dei contenuti reali della campagna elettorale, ma si e' lasciato che i due candidati alla nomination democratica si scagliassero l'uno contro l'altro con accuse che spesso sono risultate poco piu' dignitose di un pettegolezzo. Gli osservatori scrivono che il dibattito ha fatto, piu' che altro, disinformazione e che gli unici che possono averlo apprezzato sono i repubblicani.

Un botta e risposta tra Obama e Clinton a proposito delle donazioni dell'industria petrolifera

Il 28 marzo scorso Barack Obama ha lanciato il seguente spot televisivo dichiarando di non aver mai ricevuto fondi dalla grande industria petrolifera.
Martedi', Hillary Clinton ha fatto seguito con un altro spot, in cui accusa Obama di aver invece ricevuto contributi dai dipendenti di compagnie quali Exxon e Shell, e di aver inoltre votato a favore della legislazione sull'energia proposta da George W. Bush e Dick Cheney.


Obama e' tornato a rispondere giovedi', con una nuova pubblicita' che accusa Clinton di mentire e di aver ricevuto piu' soldi dai lobbisti di qualunque altro candidato.

Un po' di dati si trovano a questo link: http://www.factcheck.org/elections-2008/oily_words.html

Il telefono continua a squillare

In occasione dei Country Music Television Awards di mercoledi' sera, John McCain e Barack Obama hanno accettato di partecipare ad un breve video satirico, in cui telefonano ad Hannah Montana - fittizia superstar della musica country in uno show del Disney Channel - non per domandarle il suo voto, bensi' per cercare di convincerla a trovar loro dei biglietti per il suo show.

Michelle O.

Michelle Obama e' stata ospite della trasmissione satirica The Colbert Report mercoledi' sera. Il conduttore Stephen Colbert la paragona a Jackie O. e ironizza sulle accuse di elitarismo rivolte alla coppia dell'Illinois dopo che Barack Obama ha dichiarato che la classe media americana, la gente della provincia, si rivolge alla fede e alle armi nei momenti di frustrazione economica.

Clinton, Edwards e Obama sul Colbert Report





McCain: "Meno tasse"




Intervenendo alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, John McCain promette una riforma globale del fisco e meno tasse per la classe media.

martedì 15 aprile 2008

Clinton all'attacco

Hillary Clinton ha creato uno spot televisivo per la Pennsylvania, che va al voto il prossimo martedi' 22 aprile, riprendendo i commenti fatti da Barack Obama a proposito degli americani di provincia.

Anche i democratici si svegliano: il primo spot contro McCain



Un nuovo gruppo progressista chiamato "Progressive Media USA" ha confezionato il primo commercial di propaganda elettorale contro il candidato repubblicano John McCain da diffondere sugli schermi televisivi a partire dal 16 aprile. Il titolo è "Out of Touch" che significa qualcosa come "indifferente ai problemi delle persone comuni. Il tema è l'economia.

domenica 13 aprile 2008

Obama: "Meno soldi ai supermanager"





Conferenza stampa a Indianapolis. Obama, citando la difficile congiuntura economica, si scaglia contro l'immoralità dei compensi milionari dei top manager delle società americane. Il senatore nero invita alla "sobrietà" e a prendere coscienza dell'imminente recessione. Appare chiara una strategia comunicativa volta a eliminare la dannosa etichetta di "candidato elitario".

venerdì 11 aprile 2008

Tammie




In Carolina del Nord (stato nel quale i sondaggi danno Obama in netto vantaggio), Hillary cerca la rimonta coltivando il rapporto diretto con l'elettore. Qui risponde alla lettera di Tammie da Cherryville.

giovedì 10 aprile 2008

Hillary interviene dopo l'audizione di Petraeus



L’audizione al Senato di David Petraeus, comandante delle truppe in Iraq e di Ryan Crocker, ambasciatore a Baghdad, si è trasformata in uno scontro fra i tre candidati alla presidenza. Le due commissioni interessate, quella delle Forze Armate e gli Esteri, vedono infatti la contemporanea presenza di McCain, Hillary e Obama. John McCain ha voluto rimarcare la differenza fra il generale Petraeus, molto popolare negli Stati Uniti, e i democratici, affermando che "si è lontani dall’abisso della sconfitta grazie al successo dei rinforzi inviati dal presidente Bush nel 2007". Hillary ha invece attaccato a testa bassa: "Irresponsabile non è il ritiro quanto rimanere in Irak dove l’assenza di evidenti progressi politici minaccia lo scoppio di una guerra civile». Obama ha infine chiesto a Petraeus e Crocker "in quali condizioni si potrà avere un successo politico e militare accettabile" e poi si è spinto ad auspicare "rinforzi diplomatici per dialogare con l’Iran dopo il ritiro delle truppe".

Obama interviene dopo l'audizione di Petraeus




McCain interviene dopo l'audizione di Petraeus




Generali e ammiragli per Hillary Clinton




Alti ufficiali dell'esercito esprimono il proprio endorsement per la Clinton. Per loro è l'unica in grado di ricoprire il ruolo di "commander in chief". La campagna della senatrice continua ad investire su messaggi destinati a valorizzare la sicurezza e l'esperienza del candidato.

mercoledì 9 aprile 2008

McCain: "Gli eroi sono tra noi, gli eroi siete voi"



In questo spot elettorale, inizialmente trasmesso solo attraverso il proprio sito web, poi lanciato in televisione negli stati rurali del midwest, John McCain insiste su alcuni simboli della propria campagna: la tradizione, la famiglia, la provincia americana.

Obama, appello ai lavoratori della comunicazione



Washington D.C., intervenendo all'assemblea annuale del CWA, Barack Obama trova consenso ed entusiasmo. Il sindacato dei lavoratori del mondo della comunicazione è una potente lobby che conta oltre 700000 iscritti.

domenica 6 aprile 2008

McCAIN SULLA TOLLERANZA

sabato 5 aprile 2008

UN APPELLO DI HILLARY IN NORTH CAROLINA

STATISTICHE SPETTATORI DEI VIDEO POLITICI SU YOU TUBE AL 5 APRILE

Obama: "A More Perfect Union", 3.954.134
Obama: "Response to Bush" 1.354.079
Obama: "Victory Speech", 1.143.123
Clinton: "It's 3 AM", 894.644
Clinton: "I Need Your Advice", 652.897
Clinton: "Debate in Texas", 413.289
McCain: "McCain Electability", 375.031
McCain: "You Choose '08", 307.979
McCain: "TV ad 624787", 215.035

Politici, belle ragazze, giornalisti e giudici



Questo video, sempre del creatore di "I Got a Crush on Obama", ironizza sugli scandali a sfondo sessuale che ossessionano i media americani e hanno provocato, tra l'altro, le dimissioni del governatore dello Stato di New York Elliot Spitzer oltre che di numerosi parlamentari. Oltre 40.000 contatti su You Tube in due giorni.

Antipolitica in America

L'apparizione di Hillary Clinton allo show di Jay Leno (nei video qui sotto) solleva interessanti questioni sul funzionamento della democrazia in un ambiente ipermediatizzato. Se i politici italiani si lamentano delle periodiche ondate di "antipolitica" che investirebbero il Paese, una lettura illuminante potrebbe essere per loro il nuovo libro di Russell L. Peterson's "Strange Bedfellows: How Late-Night Comedy Turns Democracy Into a Joke," che trovate analizzato qui, dove si mostra come le correnti antipolitiche create dalla televisione commerciale siano assai più forti nella culla della democrazia che da noi. Un'apologia del ruolo politico dei comici come antidoti al linguaggio orwelliano del potere la potete trovare nell'eccellente articolo di Salon di due anni fa sulla performance di Stephen Colbert alla presenza di George W. Bush.

venerdì 4 aprile 2008

Clinton, ospite di Jay Leno, ironizza sui propri errori



Questi sono due spezzoni tratti dalla puntata di giovedi sera del Tonight Show, il popolarissimo programma condotto dal comico Jay Leno. L'ospite d'onore Hillary Clinton esordisce ironizzando sui propri errori. Con un chiaro riferimento alle affermazioni fatte a proposito dell'atterraggio a Tuzla, in Bosnia, nel 1996, la Senatrice dello Stato di New York apre la puntata dicendo; "Pensavo non ce l'avrei fatta ad arrivare. Sono stata accolta dal fuoco dei cecchini all'aeroporto di Burbank (uno dei tanti che servono la citta' di Los Angeles da dove lo show e' messo in onda)".

Due donne impegnate a fianco di Obama



Teresa Heinz, vedova di un senatore e moglie di John Kerry, interviene in Pennsylvania, a Pittsburgh, assieme a Michelle Obama, per sostenere il loro candidato in vista delle primarie del 22 aprile. Obama ha molto ridotto lo svantaggio dalla Clinton nei sondaggi in Pennsylvania, dimezzato negli ultimi sette giorni (oggi Hillary è in testa 47% a 42% nelle intenzioni di voto)

Uno spot anti-Obama in Pennsylvania



Mancano ancora 18 giorni al voto nelle primarie democratiche in Pennsylvania e la campagna si fa più aspra. Qui sopra un video di sostenitori di Hillary Clinton contro Barack Obama.

McCain ha preso il largo? E’ un’illusione ottica

L’ultima teoria dei giornalisti italiani che seguono le elezioni americane è che, di fronte a un partito democratico incerto e diviso sui candidati, John McCain avrà una facile vittoria in novembre, chiunque sia il portabandiera degli avversari, Barack Obama o Hillary Clinton. Le “pezze giustificative” di questa teoria stanno nei sondaggi, per esempio il rispettato istituto Rasmussen offre questi numeri: se le elezioni presidenziali si fossero tenute il 2 aprile, John McCain avrebbe ottenuto il 48% contro il 41% a Barack Obama. Contro Hillary Clinton, McCain avrebbe avuto sostanzialmente lo stesso risultato: 47% contro 42%. Ma questi numeri significano qualcosa? In realtà McCain, che vincerebbe facilmente l’Oscar per il politico più fortunato del decennio, ottiene molti più consensi del suo partito: un “generico” candidato democratico alla Presidenza sarebbe in vantaggio di ben 13 punti percentuali su un “generico” candidato repubblicano (50 percento a 37 percento), secondo un sondaggio commissionato dallo Wall Street Journal. L’illusione del vantaggio di McCain su Clinton e Obama nasce da questo, e dal fatto che gli elettori democratici non si sono ancora mentalmente focalizzati sul battere i repubblicani perché la questione di chi sarà il loro candidato non è ancora risolta.
In questo momento, Obama e la Clinton raccolgono, rispettivamente, il 77 per cento e l’80 per cento del voto democratico contro McCain: una percentuale molto bassa considerando la tendenza alla mobilitazione dell’elettorato democratico in funzione anti-Bush. Non c’è dubbio che in autunno, risolta la questione interna al partito (sia pure a prezzo di divisioni che si protrarranno fino alla convenzione di agosto) gli elettori democratici si mobiliteranno per cacciare i repubblicani dalla Casa Bianca e mettere fine a un ciclo conservatore che ha portato l’economia alla rovina e il Paese in guerra. In questo momento McCain ottiene l’86 per cento del voto dei repubblicani e una buona percentuale fra gli indipendenti ma questa “luna di miele” con l’elettorato è destinata a durare poco, soprattutto se le condizioni dell’economia si aggravano. Nessun partito è stato storicamente capace di riconquistare la Casa Bianca se, nell’anno elettorale, inflazione e disoccupazione tendevano a salire. Ronald Reagan chiamò la somma di queste due percentuali “indice della miseria” e, nel 1980, gli elettori lo plebiscitarono contro uno sfortunato Jimmy Carter. Non c’è dubbio che i democratici sapranno ritorcere questo argomento contro McCain, al momento giusto. Quindi è vero che McCain è un candidato relativamente forte ma le tendenze di fondo dell’elettorato americano, raramente disposto a confermare lo stesso partito alla Presidenza per tre volte di seguito, sono contro di lui. Al Senato e alla Camera si sa già che le maggioranze di cui già godono i democratici si rafforzeranno: per la Casa Bianca la situazione si chiarirà soltanto in autunno ma dare oggi per favorito McCain significa ignorare i fattori strutturali che governano le elezioni americane.
Fabrizio Tonello

La corruzione in America

Washington DC – Nel novembre 2007 l’amministrazione del Distretto di Columbia è stata travolta da uno scandalo di proporzioni imbarazzanti. Due impiegate dell’agenzia delle entrate, Harriette Walters e Diane Gustus, sono state arrestate perchè al centro di un giro che in sette anni ha derubato le casse del governo locale di 16 milioni di dollari. Le due emettevano assegni per rimborsi fiscali inesistenti, che poi incassavano assieme ai loro complici e spendevano nei grandi magazzini della città. “Non c’è dubbio che questo sia un caso eclatante di corruzione”, mi dice Philip Mattera durante un’intervista. “Purtroppo in altri casi, la corruzione può essere difficile da quantificare”, prosegue.Phil Mattera è un ex-giornalista economico (in passato con Fortune Magazine) e oggi ricercatore e analista per Corporate Research Project, un programma creato dalla non-profit di Washington DC Good Jobs First e volto alla ricerca strategica del comportamento delle aziende che ricevono sussidi federali e statali. Lo scopo di Good Jobs First, ed in particolare di Corporate Research Project è di promuovere la trasparenza nelle relazioni tra il governo e i privati. “Innanzitutto bisogna concordare sulla definizione stessa del concetto di corruzione”, sottolinea Mattera. “Il caso del Governatore di New York Elliott Spitzer (che ha dato le dimissioni il 12 marzo scorso dopo che si è scoperto che era coinvolto in un giro di prostituzione d’alto bordo) è un buon esempio. Affinché un’azione sia percepita dal pubblico come corrotta, è necessario che coinvolga un chiaro atto di appropriazione illecita di denaro pubblico? E la corruzione morale?”Un sondaggio condotto da CBS News/New York Times Poll nell’ottobre 2006 ha rilevato che il 58% degli americani è convinto che la corruzione sia costume diffuso a Washington DC. “Negli Stati Uniti l’opinione pubblica dà per scontato un livello di corruzione davvero alto per quanto riguarda il settore pubblico e il governo”, Mattera mi spiega. “Si può quasi dire che le dimensioni reali del fenomeno sono addirittura sovrastimate. Al contrario, gli americani tendono a sottostimare la corruzione nel privato, nelle imprese e nell’industria. In fondo siamo stati educati a pensare che il governo sia la causa di tutti i mali, fin dai tempi di Ronald Reagan”. Il fatto che il livello di corruzione di un paese venga solitamente valutato in termini relativi complica ulteriormente le cose. “Nelle classifiche pubblicate dalle organizzazioni internazionali a proposito dei governi più corrotti, gli Stati Uniti fanno sempre una buona figura. Ma sta tutto nel termine di paragone, con chi ci confrontiamo?” si chiede Phil Mattera. Transparency International è forse la più famosa tra le Ngo che si occupano di monitorare i livelli di corruzione in giro per il mondo. La classifica per il 2007 vede gli Stati Uniti al ventesimo posto (il primo posto va al paese meno corrotto al mondo). La Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda sono pari in testa. L’Iraq, il Myanmar e la Somalia sono i fanalini di coda. L’Italia è quarantunesima, dopo il Botswana, Cipro, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e davanti alla Malesia.In qualche misura, il sistema americano ha provato a rispondere al problema della corruzione dei politici. La riforma del sistema di finanziamento delle campagne elettorali va inteso, secondo Mattera, proprio in questo senso. Il Bipartisan Campaign Reform Act, conosciuto anche con il nome McCain-Feingold dal nome dei due Senatori che più si impegnarono per il passaggio della legge, fu approvato dal Congresso nel 2002 con l'intento di regolamentare la raccolta di fondi per i candidati in corsa per la Casa Bianca. Fino ad allora, costoro avevano diritto a ricevere donazioni illimitate da chiunque decidesse di finanziarli, un sistema che creava dei legami economici fortissimi tra i politici e i ricchi d'America, in particolare le grandi corporation. La McCain-Feingold ha stabilito delle nuove regole quanto alle donazioni dei privati. In particolare i due diversi tipi di contributi alle campagne elettorali, detti hard money e soft money, vengono oggi trattati separatamente dalla legge. Per hard money s’intendono quelle somme di denaro che vengono donate alle campagne dagli individui, dalle sezioni nazionali e locali dei partiti, e dai cosidetti Political Action Committee (PAC), gruppi privati di cittadini a cui viene garantito il diritto di fare attività politica. La legge del 2002 stabilisce, ad esempio, che un individuo non può donare più di 2.300 dollari per elezione. “La legge è piena di buoni propositi, però rimane difficile stabilire quanto abbia contribuito a frenare la corruzione del sistema”, riflette Phil Mattera. Ad esempio, un’impresa di grosse dimensioni, anziché donare direttamente una somma di denaro eccessiva, può chiedere ai propri dipendenti di contribuire separatamente tante somme individuali più piccole, aggirando così la limitazione di 2.300 dollari per contributo imposta dalla legge.“Inoltre, il problema più sostanziale sta nel quid-pro-quo che segue alle donazioni, e in come questo denaro finisce per influenzare le scelte dei politici”, precisa Mattera. Nel 2006 i residenti dello stato dell'Illinois rimasero sconvolti nell'apprendere che il gigante dell'energia nucleare Exelon Corporation non aveva reso pubblica la notizia di alcune perdite di residui radioattivi da uno dei propri stabilimenti. Il Senatore dello stato Barack Obama si fece carico dell'indignazione dei propri elettori e propose una legislazione che obbligasse i gestori degli impianti nucleari a notificare le autorità al primo segno di perdita. A quanto pare, però, Obama accettò modifiche al testo di legge che riflettevano i desideri dei Republicani al senato e di Exelon. La spiegazione ufficiale fornita dal Senatore dell’Illinois è che il testo di legge fu reso più accomodante perchè altrimenti non sarebbe mai riuscito a passare il voto in Senato. Al contempo, è emerso che Exelon è uno tra i più generosi sostenitori della carriera politica del Senatore dell'Illinois, a cui avrebbe donato oltre 270 mila dollari dall'inizio del 2003. E il principale stratega della campagna presidenziale di Obama, David Axelrod, ha lavorato in passato come consulente per Exelon. Gli esperti di sicurezza nel settore del nucleare sono in disaccordo sul fatto che il lavoro di Obama al testo di legge abbia contribuito o meno a ottenere risultati sostanziali nella regolamentazione dell’industria nucleare.Infine esiste un problema istituzionale nel tentare di valutare il livello di corruzione negli Stati Uniti. Alcune pratiche, del tutto legali in America, creano legami sospetti fra i politici e l’industria. In particolare è questo il caso del fiorire di società private di lobbying, che si occupano professionalmente di tenere i contatti con i rappresentati del popolo americano per conto dei propri clienti. Tra i più recenti scandali di corruzione nel rapporto tra lobbisti e governo, quello che ha coinvolto Jack Abramoff nel 2006 e che ha condotto alle dimissioni di due membri dell’Amministrazione Bush, J. Steven Griles and David Safavian, e del Deputato Bob Ney, è senz’altro tra i più eclatanti.Grazie al Lobbying Disclosure Act (LDA), una legge del 1995 che in sostanza obbliga l'industria della pressione politica a maggiore trasparenza, andando sul sito Open Secrets, si può scoprire che, dal 1998 al 2007, l'industria farmaceutica è quella che ha speso maggiormente nelle attività di lobbying, seguita da quella delle assicurazioni, dalle società che forniscono elettricità e dalle compagnie d’informatica e internet. Rimane difficile stabilire con esattezza come questi contributi abbiano influenzato la proposta e il passaggio di leggi in questi settori.Tradizionalmente, starebbe al giornalismo americano occuparsi di indagare sui traffici loschi dei politici americani. Purtroppo, però, Mattera mi racconta come i media tradizionali si sono trasformati da organi proattivi in attori solamente reattivi. “Se una qualche notizia emerge attraverso altre fonti, allora i giornali principali ne parlano. Però, i quotidiani in particolare hanno tagliato talmente i fondi per il giornalismo investigativo, che davvero non se ne vede più molto in questo paese”. Rimangono allora i media non-tradizionali, ovvero i blog. Down with Tyranny, per esempio, segue con attenzione e dedizione casi di corruzione al Congresso e nelle Assemblee statali, in particolare da parte repubblicana. Rimangono inoltre le associazioni non-governative che monitorano il comportamento dei politici e delle aziende, proprio come Good Jobs First di Phil Mattera.
Valentina Pasquali

giovedì 3 aprile 2008

Due video contro Obama












Il primo video, prodotto da attivisti repubblicani, attacca il senatore nero accusandolo di essere "molto fumo e poca sostanza". Il secondo vuol far apparire Obama come ostile alle spese militari e quindi, implicitamente, inaffidabile. Tutti e due usano schemi ripetitivi e già visti e l'esiguo numero di visualizzazioni ottenute su YouTube, sembra testimoniare la scarsa presa di questi argomenti sull'elettorato giovanile americano.

Clinton commemora la morte di MLK

Hillary Clinton ricorda il quarantesimo anniversario dell'uccisione di Martin Luther King con un video pubblicato sul suo sito web. Con tono cerimonioso, la senatrice di New York esprime i propri pensieri ed emozioni su MLK e invita il pubblico a fare altrettando inserendo commenti e riflessioni su www.hillaryclinton.com

Il tormentone delle 3 del mattino




Prosegue la battaglia della telefonata delle tre del mattino. Dopo il successo dello spot usato da Hillary Clinton In Texas per attaccare Barack Obama a proposito dell'inesperienza del Senatore dell'Illinois quanto ai temi di politica estera e sicurezza nazionale, la ex-first lady torna a trasmettere sulle onde televisive della Pennsylvania un'altra pubblicita' dello stesso genere (qui sopra). Questa volta pero' l'attacco è rivolto contro il candidato repubblicano John McCain, sul tema della crisi immobiliare.

Anche McCain al telefono...




John McCain ha risposto agli attacchi democratici con la propria versione della telefonata notturna usata da Hilary Clinton. Lo spot per ora e' disponibile solo su Internet, ma potrebbe arrivare sugli schermi televisivi americani nelle prossime settimane.
Il dibattito fra i democratici e i repubblicani a proposito della recessione si concentra sul ruolo dell'intervento governativo sui mercati in questa fase di crisi economica.

Bob Kennedy annuncia la morte di M. L. King il 4 aprile 1968



Sono passati 40 anni dall'assassinio di Martin Luther King a Memphis, Tennessee, dove il pastore nero si era recato per sostenere uno sciopero dei netturbini. La sera stessa Kennedy, in Indiana per la sua campagna per ottenere la nomination democratica, diede la notizia a una folla di afroamericani con un discorso toccante.

mercoledì 2 aprile 2008

Obama su Hardball di Chris Matthews

Qui in basso una serie di clip dalla lunga intervista con Barack Obama condotta live da Chris Matthews da West Chester University in Pennsylvania, per il celebre programma di MSNBC Hardball. Questo il link al testo completo dell'intervista.

A proposito del ritiro dall'Iraq:



In risposta ad alcune domande degli studenti presenti:

Sulle telefonate delle 3 del mattino:

Alcuni temi di natura personale:



Delle unioni civili e dell'educazione:


martedì 1 aprile 2008