venerdì 30 maggio 2008

La sicurezza sociale in America

Washington D.C. – Gli Stati Uniti non sono certo conosciuti per la generosità dei programmi che garantiscono la cosidetta sicurezza sociale. Di questi tempi, anche quei pochi interventi che offrono una rete di protezione agli strati più vulnerabili della popolazione, sono a rischio per via dei costi in crescita e delle entrate in calo. Social Security è il nome del programma del governo federale che gestisce l’erogazione delle pensioni, dei sussidi di disoccupazione, e dei contributi pubblici che vengono versati ai cittadini anziani o indigenti per la copertura delle spese sanitarie. Nel linguaggio comune, però, e ai fini di questo articolo, Social Security è da intendersi più semplicemente come il solo sistema pensionistico. Oltre il 90% dei cittadini americani di età superiore ai 65 anni, circa 50 milioni di anziani, riceve la propria pensione da lì. L’età minima per il pensionamento è 65 anni e sei mesi (anche se si può scegliere di andare in pre-pensionamento già a 62). Questo limite verrà gradualmente innalzato fino a raggiungere i 67 anni per i nati dopo il 1970.Il programma è finanziato attraverso una tassa, stabilita dal Federal Insurance Contributions Act, che viene versata in parti uguali (6,2% ciascuno) dal datore di lavoro e dall’impiegato e che viene applicata, per quanto riguarda il 2008, ai primi 102 mila dollari di reddito. Superata questa soglia, la tassa non viene più applicata. Oltre 150 milioni di americani sono soggetti al versamento di questi contributi. La Social Security è stata un programma di grande successo e genera profitti costanti sin dal 1983. Nel 2007 il surplus è stato di 190 miliardi di dollari. Purtroppo, a causa di fattori demografici ed economici, si prevede che questa tendenza positiva comincierà ad invertirsi già nel 2017, quando le uscite del sistema pensionistico eccederanno le entrate. In parte questo è il risultato naturale del progressivo pensionamento della generazione dei cosidetti “baby-boomers”, i nati subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Inoltre, il tasso di nascite negli Stati Uniti dovrebbe rimanere stabile se non addirittura decrescere mentre l’aspettativa media di vita è destinata a salire. Il risultato è che la percentuale di lavoratori rispetto al numero dei pensionati è in calo costante, tendenza che mette a repentaglio la stabilità del sistema.Un problema ulteriore viene dal fatto che il Social Security Trust Fund, ovvero il fondo di emergenza costituito da buoni del tesoro acquistati con il surplus prodotto fino ad ora dal sistema, è anch’esso sulla via dell’estinzione, nonostante nel 2002 fosse calcolato in 2,2 trilioni di dollari. Il governo americano ha preso in prestito questa somma in cambio di buoni del Tesoro e l’ha impiegata per far fronte ad altre esigenze di bilancio. In sostanza, il valore del Social Security Trust Fund è divenuto parte del debito pubblico, che nell’aprile 2008 era calcolato in 9,4 trilioni di dollari. Al 2017, anno in cui il sistema pensionistico comincierà ad andare in deficit, si prevede che il governo avrà preso in prestito dal Trust Fund un totale di quasi 4,3 trilioni di dollari. A questi ritmi, e nonostante gli interessi, il Fund dovrebbe estinguersi definitivamente entro il 2041. Naturalmente, considerati gli ostacoli che si prospettano in futuro, si parla ormai già da molto tempo di una riforma della Social Security, riforma il cui impatto sarà maggiore su quei cittadini dal reddito medio-basso che non si possono permettere indipendentemente fondi pensioni privati. Questa categoria di lavoratori, in sostanza, dipende interamente dal sistema pensionistico pubblico. Il Presidente George W. Bush spinge per una privatizzazione parziale del sistema, che dovrebbe venire integrato da fondi pensione privati, ma collegati a quelli pubblici. Dei tre candidati alla Casa Bianca, il repubblicano John McCain è colui che mantiene la posizione più simile all’attuale amministrazione. Il Senatore dell’Arizona è favorevole alla creazione di fondi privati paralleli, e si oppone a qualsiasi aumento delle imposte. McCain vorrebbe inoltre la creazione di una commissione bipartitica al Congresso che si occupi della revisione del sistema. Hillary Clinton si è detta d’accordo con McCain sull’idea di una iniziativa bipartisan per risolvere il problema, ha escluso un aumento del carico fiscale e, nonostante sia contraria alla privatizzazione totale del sistema, pare aperta alla possibilità di facilitare la nascita di fondi privati per i cittadini meno abbienti che complementino le pensioni erogate dallo stato. Infine, Barack Obama è l’unico a sostenere l’idea di un incremento del livello di reddito soggetto alla tassazione, ad oggi 102 mila dollari. Allo stesso tempo, Obama si oppone all’innalzamento dell’età pensionabile o alla diminuzione delle somme elargite. Il Senatore dell’Illinois si è detto disposto a sostenere la crescita di fondi pensionistici privati per gli americani meno abbienti nel caso che il governo sia disposto a contribuire a questi fondi un ammontare uguale a quello depositato volontariamente dai singoli cittadini.
Valentina Pasquali