venerdì 30 maggio 2008
La sicurezza sociale in America
giovedì 29 maggio 2008
Barack Obama sul problema casa
Da Las Vegas, Barack Obama promette aiuti e piani specifici per tutti coloro che, a causa della crisi dei mutui, rischiano di perdere la propria casa.
mercoledì 28 maggio 2008
L'orgoglio dei Clinton
In un dibattito pubblico in South Dakota, Bill Clinton ricorda ai presenti come a nessun candidato sia mai stato chiesto di ritirarsi. C'e' amarezza nelle sue parole ma anche l'orgoglio garantito dai 18 milioni di voti presi fin qui dalla moglie Hillary.
McCain cerca il voto ispanico
In occasione del Memorial Day (festa nazionale statunitense), John McCain ha preparato uno specifico messaggio televisivo per l'elettorato ispanico, che potrebbe rivelarsi uno dei punti deboli di Barack Obama. Lo scorso anno, infatti, il candidato repubblicano è stato uno dei più attivi promotori del bipartisan "immigration bill" che ha permesso la regolarizzazione di numerosi lavoratori stranieri. Questo lo ha reso molto popolare tra l'attiva comunità ispanica, che rappresenta circa il 12% dell'elettorato totale.
lunedì 26 maggio 2008
Qualche giovane per Hillary
Nel tentativo di recuperare qualche consenso tra i giovani, il sito ufficiale di Hillary Clinton ha realizzato un video con le facce e le voci dei giovani componenti dello staff della ex first lady.
domenica 25 maggio 2008
Spot di McCain sull'ambiente
Uno spot su tematiche assai lontane dalla tradizionale sensibilità repubblicana: l'ambiente e i cambiamenti climatici. Non manca, tuttavia, un accenno al caro benzina.
venerdì 23 maggio 2008
Le ragioni di Hillary Clinton
Sondaggi su Obama
Secondo questa rilevazione Gallup, per Obama ci sarebbero ancora difficoltà nel conquistare l'elettorato bianco.
martedì 20 maggio 2008
McCain presenta in anticipo il bilancio della sua presidenza
Uno spot senza fantasia dei repubblicani, che presentano il loro programma come "cosa fatta" dopo 4 anni di McCain alla Casa Bianca (la data che compare all'inizio è il 2013 perché il presidente per cui si vota in novembre entrerà in carica il 20 gennaio 2009).
I collaboratori di McCain sono tenuti sotto pressione dai videoattivisti democratici che, ad ogni nuovo commercial repubblicano, mettono immediatamente su YouTube una parodia (vedi qui).
McCain sulle divisioni fra i democratici
Un video stranamente tardivo, dove McCain cerca di sfruttare il tema della divisione fra i democratici.
MoveOn azzanna McCain
MoveOn, una delle più potenti e progressiste organizzazioni vicine al partito democratico attacca un collaboratore di McCain per le sue attività di lobbista a favore di dittatori del Terzo Mondo. E' l'inizio di una campagna elettorale in cui i democratici vogliono dimostrare che il gioco duro non li spaventa.
75.000 persone per ascoltare Obama a Portland
Oggi si vota in Kentucky e Oregon. Questo è il video del meeting di ieri nella capitale, forse il più affollato tenuto da Barack Obama in tutta la stagione delle primarie.
lunedì 19 maggio 2008
Obama sfida McCain
Obama ormai non considera più Hillary Clinton. In questo video sfida a dibattito John McCain, invitandolo a confrontarsi su argomenti di politica estera. E sulla questione mediorientale il senatore democratico ribadisce l'efficace equazione: McCain=Bush.
domenica 18 maggio 2008
Hillary non si arrende
Intervistata dalla CBS, Hillary Clinton si dichiara fiduciosa e ancora certa di poter conquistare la nomination
venerdì 16 maggio 2008
La malattia mortale di George Bush
McCain è tutt’altro che un giovane e ambizioso cavaliere, essendo più anziano e anche più saggio di Bush, ma sta cercando di farsi eleggere rinnegando gran parte dell’eredità del suo predecessore. Da soldato leale è ancora d’accordo con la guerra in Iraq, ma per il resto si preoccupa di fare sapere che la sua amministrazione sarà, se eletto, del tutto diversa da quella di Bush, in particolare sull’ambiente. McCain è un candidato rispettabile, oltre che abile, ma deve difendere i colori della casata in un torneo in cui gli avversari sono formidabili e in un anno in cui le truppe sono di dubbia lealtà.
Questo è apparso particolarmente evidente giovedì 15 maggio, quando anche il Senato, dopo la Camera, ha votato a schiacciante maggioranza una legge che stanzia un bel pacchetto di miliardi di dollari per i Food Stamps, quei buoni alimentari da cui varie decine di americani dipendono per non morire –letteralmente- di fame. In un Senato diviso esattamente a metà (49 democratici e 49 repubblicani, più 2 indipendenti) è assolutamente stupefacente che si crei una maggioranza di 81 senatori favorevole a un progetto di legge a cui Bush ha promesso di mettere il veto. Questo significa che 30 senatori repubblicani su 49 hanno deciso di ignorare i desideri di Bush e la tradizionale linea del partito per cercare di salvare il salvabile in novembre.
Certo, nel calcolo politico ci sono anche motivi per nulla nobili, come il fatto che la legge promette ben 40 miliardi di dollari in sussidi agli agricoltori. in particolare ai grandi gruppi agroindustriali che quest’anno semplicemente nuotano nei profitti, a causa dell’esplosione del prezzo dei cereali sul mercato mondiale. Ma, politicamente, è la prima volta che i democratici riescono ad ottenere l’alleanza di una frazione significativa dei repubblicani e, potenzialmente, a rovesciare un veto di Bush che per oltre 7 anni ha sempre governato con pugno di ferro il gruppo parlamentare (le fantasie sullo spirito bipartisan e la vocazione a “coalizioni centriste” nel Congresso americano vanno lasciate ai giornalisti che non hanno mai letto un manuale di storia politica di quel paese).
Dunque, Bush non controlla più il partito e le elezioni suppletive vanno a rotoli una dopo l’altra: nel giro di pochi giorni i repubblicani hanno perso tre seggi “sicuri”. Nei sobborghi di Chicago, il loro candidato è stato sconfitto dal democratico Bill Foster in un collegio dove Bush aveva avuto 5 punti percentuali più di John Kerry nel 2004. In Louisiana, quella che doveva essere una facile vittoria repubblicana (il margine nel 2004 era 7 punti a loro favore) si è trasformata in una disfatta. E, infine, il partito dell’elefante ha perso in una circoscrizione del Michigan dove George Bush ottenne il 62% dei voti alle ultime elezioni.Nella politica americana, chiunque faccia previsioni è un pazzo o un ciarlatano. Quest’anno, fidatevi della mia sfera di cristallo: in Congresso si creeranno maggioranze democratiche simili a quelle ottenute da Franklin Roosevelt.
E se Washington e Teheran collaborassero?
Nonostante le differenze, esiste un filo conduttore che unisce questi due opposti approcci; ovvero gli americani, repubblicani o democratici che siano, paiono non comprendere che la guerra in Iraq non è semplicemente una questione di politica interna, ma che ci sono invece molti altri attori che sono coinvolti nel conflitto e che l’Iran è il principale tra questi.
Di rientro da due recenti viaggi in Iran, Selig Harrison, direttore del Center for International Policy, un’organizzazione non governativa con sede a Washington D.C., ha cercato di fare chiarezza su questo tema mercoledì mattina, in una conferenza organizzata dal Woodrow Wilson Center, un centro di ricerca della capitale: “La mia opinione è che non ci possa essere un ritiro ordinato e sicuro delle nostre truppe dall’Iraq, e una reale ricostruzione post-bellica del paese, senza l’aiuto dell’Iran”, ha detto Harrison. Secondo il Direttore del CIP, l’Iran non è da considerarsi semplicemente come una minaccia alla stabilità del Medio Oriente e potrebbe rivelarsi invece un aiuto per la soluzione della guerra in Iraq, se Washington si rendesse disponibile a trattare seriamente con Teheran.
Questioni geografiche e storiche rendono di facile comprensione gli interessi iraniani in Iraq. I due paesi condividono un confine di 900 miglia, sono entramba in maggioranza sciiti, e intrattengono relazioni bilaterali da millenni. “Per cinque secoli l’Iran sciita ha atteso la fine del governo della minoranza sunnita a Baghdad così che Teheran potesse finalmente riconquistare la propria influenza sulla regione,” ha spiegato Harrison al Wilson Center. Quando nel 2003 gli Stati Uniti decisero di abbattere il regime sunnita di Saddam Hussein, la vicina Repubblica Islamica fu attraversata da sentimenti contrastanti. Da un lato Teheran era inquieta all’idea dell’arrivo dell’esercito americano ai suoi confini. Dall’altro, il governo iraniano riconobbe immediatamente un’occasione per riconquistare potere, possibilità a cui l’amministrazione Bush non pare aver riflettuto al momento di decidere l’invasione del 2003.
Oggi, rimangono pochi dubbi sul fatto che l’Iran abbia rafforzato la propria influenza sui vicini iracheni e che molti dei progressi fatti – ultimo fra i quali la tregua concordata tra il governo di Nouri al-Maliki e le milizie di Muqtada al Sadr – siano arrivati grazie ad un intervento iraniano. Gli Stati Uniti dipendono quindi dall’Iran per una risoluzione positiva del conflitto iracheno.
Fortunatamente, Washington e Teheran hanno un comune interesse a mantenere l’ordine in Iraq e a che il paese rimanga unito. Teheran è particolarmente preoccupata dell’indipendentismo curdo, che potrebbe essere d’ispirazione alla minoranza curda iraniana. Inoltre, secondo Harrison, l’Iran ha mostrato vari segnali di apertura verso una collaborazione con gli americani. “L’Iran sta tenendo a freno al Sadr ed è pronta a contribuire alla stabilizzazione del paese, a patto però che Washington delinei con una certa precisione un piano di ritiro delle proprie truppe. E naturalmente alla condizione che gli Stati Uniti accettino l’idea che l’Iran giochi un ruolo importante nella Baghdad post-bellica”.
L’Iraq potrebbe diventare dunque il terreno di una nuova collaborazione tra l’Iran e gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, se gli americani non cambiano rotta, potrebbe rappresentare il teatro di uno scontro diretto tra i due paesi. Le scelte che saranno fatte nel prossimo futuro avranno un impatto su tutta la regione. Ad esempio, continua Harrison, “la frustrazione di Teheran per il comportamento americano a Sadr City (il quartiere abitato da due milioni di persone che è stato in rivolta nelle ultime settimane e su cui l’esercito americano non ha esitato ad usare le bombe), ha probabilmente contribuito ai più recenti sviluppi in Libano”, ha commentato il direttore del Center for International Policy mercoledì mattina riferendosi al riattizzarsi degli scontri tra gli Hezbollah e il governo di Beirut.
Viceversa, un’apertura americana verso l’Iran in Iraq potrebbe rappresentare il primo passo verso l’inizio di nuove relazioni diplomatiche, anche a riguardo della questione nucleare. Fino ad ora, sostiene Harrison, “gli Stati Uniti non sembrano davvero impegnati a trovare una soluzione di compromesso sul programma nucleare iraniano, almeno fino a quando continueranno a domandare a Teheran di interrompere qualsiasi attività di arricchimento dell’uranio come pre-requisito a qualunque tipo di negoziazione”. Selig Harrison è convinto che sia possibile, in futuro, ottenere dall’Iran il congelamento di tutta l’attività nucleare, sotto il controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica; “gli Stati Uniti però dovranno accettare di sottoscrivere un impegno formale di non utilizzare armi nucleari nel golfo”.Selig Harrison ha messo così in evidenza la lunga lista di ragioni che dovrebbero spingere gli americani a cambiare approccio verso l’Iran. Tra i candidati alla presidenza, Barack Obama è l’unico che pare teoricamente disposto a trattare con Teheran. John McCain promette di mantenere la linea dura scelta da Bush e Cheney. Hillary Clinton ha più volte dichiarato che non prevede di incontrare personalmente Ahmadinejad e che relazioni diplomatiche a livello presidenziale saranno possibili solamente se il governo iraniano rinuncerà al nucleare.
giovedì 15 maggio 2008
Razzismo strisciante
Dalla West Virginia, quello che pochi vogliono ammettere, ma che forse rimane l'ultima carta di Hillary Clinton per giocarsi la nomination: Non tutti i democratici sono pronti per un presidente nero.
mercoledì 14 maggio 2008
Obama in Missouri
Mentre Hillary festeggia la vittoria in West Virginia, Obama parla ormai da candidato e da Cape Girardeau, Missouri (stato nel quale si è già votato per le primarie), affronta il problema della disoccupazione e dell'energia.
lunedì 12 maggio 2008
Edwards vicino all'endorsement
John Edwards, ospite del talk show del mattino di MSNBC elogia ripetutamente Barack Obama. Un ulteriore segnale del difficile momento della candidatura Clinton.
domenica 11 maggio 2008
Chelsea Clinton scrive alla mamma (e mette il video su Youtube)
venerdì 9 maggio 2008
I repubblicani si preparano allo scontro con Obama
Il Republican National Committee (l'equivalente della Segreteria Nazionale del Partito Repubblicano), ha creato questo video per il web per sottolineare i dubbi tipici dell'elettorato conservatore sulla candidatura di Barack Obama.
Full d'assi
Fabrizio Tonello
Le carceri in America
Valentina Pasquali
Obama e Israele
Nel sessantesimo anniversario della fondazione di Israele, Barack Obama ribadisce l'importanza della "relazione speciale" esistente tra gli Stati Uniti e lo stato ebraico.
McCain: "L'importanza della Corte Suprema"
In North Carolina, dall'aula magna della Wake Forest University, John McCain esprime la propria visione sulla giustizia e sul ruolo della Corte Suprema.
mercoledì 7 maggio 2008
Obama dopo la vittoria in North Carolina
Il discorso di Barack Obama dopo la vittoria in Carolina del Nord.
martedì 6 maggio 2008
Obama gioca in casa... o quasi.
L'ultimo spot di barack Obama prima del voto di martedì in Indiana, anche questo su crisi economica e rincaro della benzina.
lunedì 5 maggio 2008
Hillary contro il caro benzina
A poche ore dalle primarie in Indiana (dove i sondaggi assegnano a Obama un cospicuo vantaggio), Hillary Clinton cerca di guadagnare consensi, promettendo tagli al prezzo dei carburanti.
domenica 4 maggio 2008
I REPUBBLICANI CI PROVANO, MA...
Un video per l'elezione supplettiva nella circoscrizione LA-6 in Luisiana. I Repubblicani hanno attaccato il candidato democratico associandolo a Barack Obama e Nancy Pelosi, senza successo. Risultati e commenti qui.
giovedì 1 maggio 2008
McCain come Bush
L'organizzazione MoveOn, non associata direttamente con nessuno dei candidati democratici in corsa, ma che finanzia spot televisivi volti a sottolineare l'importanza di tematiche specifiche e a sostenere le posizioni democratiche contro quelle repubblicane, ha appena rilasciato una nuova pubblicita' che attacca McCain come l'erede di Bush e della politica dissennata dell'attuale presidente in Iraq. Mercoledi' era il quinto anniversario della famosa uscita di Bush sulla porta-aerei di ritorno dall'Iraq a cui era appeso lo striscione che recitava: "Mission Accomplished".
Nuovo spot di Clinton in North Carolina
Il Governatore del North Carolina Mike Easley ha dichiarato il proprio sostegno per Hillary Clinton e la Senatrice dello Stato di New York ha immediatamente deciso di sfruttare il nuovo sostenitore in uno spot lanciato giovedi' in North Carolina in vista delle primarie del 6 maggio. Nello spot il Governatore Easley elogia Clinton per la sua determinazione e resistenza e approva il programma politico rivolto ai lavoratori americani.