venerdì 11 gennaio 2008

Primarie Democratiche: la lunga sfida Obama-Clinton

(da: CFP NEWS - Anno 4 Numero 110 – 11 gennaio 2008)
di Valentina Pasquali, Washington DC

La vittoria di Hillary Clinton nelle primarie in New Hampshire riapre la corsa alla nomination dopo che gli osservatori davano per scontata l’affermazione di Barack Obama lanciato dal trionfo in Iowa. Intanto la carovana elettorale è diretta verso il Nevada, dove il 19 gennaio si terranno i prossimi caucus, le riunioni di partito in cui gli iscritti sceglieranno il vincitore della nomination per lo stato.

In New Hampshire i sondaggisti hanno fallito gli exit-poll sottostimando la popolarità di Clinton. La figura imbarazzante è attribuibile all’ondata d’entusiasmo pro-Obama che ha travolto i media dopo il voto in Iowa. Gli esperti hanno perso il contatto con il territorio, mentre i sostenitori di Clinton continuavano ad inondare di telefonate le abitazioni degli indecisi in New Hampshire.

Il risultato è girato grazie al voto femminile. Le donne dell’Iowa avevano scelto di sostenere Obama (35% contro il 30% di Clinton). In New Hampshire la senatrice di New York ha riconquistato la fiducia di uno degli zoccoli duri del suo elettorato (47% contro il 34% di Obama). Nell’ultima settimana l’ex-first lady ha proiettato con successo un’immagine diversa da quella di donna gelida. In un incontro con gli elettori lunedì, Clinton si è lasciata trasportare dalla commozione e ha mostrato occhi lucidi. Esibendo i propri sentimenti Hillary è riuscita a ristabilire un contatto personale con le elettrici.

I toni a tratti offensivi assunti da tanti nel parlare di Clinton dopo l’Iowa hanno contribuito a provocare la reazione dell’elettorato democratico. In Daily Kos, uno dei blog politici di sinistra più letti, Markos Moulitsas scrive; “Più Clinton viene attaccata a livello personale, più la sua personalità e’ destinata a generare simpatia e comprensione, e maggiore il numero di voti che riceverà.”

Questa constatazione suggerisce un desiderio generale di moderazione dei toni, invece la discussione si fa più acre. In un’intervista al network televisivo MSNBC mercoledì, Jesse Jackson Jr., uno dei consiglieri di Obama, ha accusato Clinton di essere capace di lacrime solo nei momenti di difficoltà personale e di rimanere indifferente ad istanti di vero dramma nazionale, come ad esempio l’uragano Katrina che devastò le coste della Luisiana nel 2005. Todd Beeton offre la sua interpretazione su MyDD, un altro popolare blog politico; “Jackson ha fatto riferimenti ripetuti a Katrina. E così cerca di dire agli afro-americani, che furono allora i più toccati, che a Hillary non importa delle persone di colore”. La campagna di Obama si prepara in questo modo alla Carolina del Sud, dove il 26 gennaio si terrà un’altra tornata elettorale che si prevede sarà decisa dagli elettori neri.

Il sistema di voto delle primarie democratiche potrebbe incoraggiare ulteriormente l’uso di strategie aggressive. Esiste, infatti, la possibilità reale che la corsa alla nomination rimanga incerta fino alla convention di Denver del 25 agosto e che i candidati prolunghino le lotte intestine fino all’estate.

Nelle primarie, gli iscritti votano per i candidati e il voto è tradotto in un numero di delegati che partecipano alle convention con l’incarico di stabilire la nomina del partito secondo il mandato popolare. Le primarie democratiche adottano un sistema proporzionale che attribuisce delegati in rapporto alle percentuali di voto. Così, ad esempio, il 39% di Clinton in New Hampshire ed il 37% di Obama hanno significato nove delegati per entrambi.

Tale sistema potrebbe favorire i repubblicani. Il partito dell’elefante, segue regole diverse. Su Slate, un quotidiano on-line di tendenza liberal, Michelle Tsai spiega; “Visto che molti stati adottano un sistema maggioritario in cui il vincitore ottiene tutti i delegati dello stato, i candidati repubblicani accumulano delegati più velocemente dei democratici. Questo significa che la nomination repubblicana emergerà probabilmente in anticipo”.

Se così fosse, il candidato repubblicano alla Casa Bianca, liberatosi più presto della competizione interna al partito, potrà dedicare tempo denaro alla campagna nazionale e avvantaggiarsi dei veleni che, nel frattempo, i democratici continueranno a scambiarsi.

Per quanto riguarda Obama, un dato interessante emerge dal voto degli elettori indipendenti. Il New Hampshire è il solo stato che consente a costoro di partecipare alle primarie. Il senatore dell’Illinois è stato il prescelto di questo gruppo vincendo il voto di sei sui 10. Da un lato questa è un’indicazione della sua eleggibilità nelle elezioni generali di novembre. Dall’altro Obama dovrà arrivare alla nomination senza il loro sostegno dato che gli indipendenti non prenderanno parte a nessun’altra primaria.

Buone notizie per il senatore dell’Illinois arrivano dai sindacati. Già martedì sera la Service Employees International Union, che in Nevada rappresenta 17.500 impiegati dei servizi pubblici come infermiere o guardie notturne, aveva ufficialmente dichiarato il proprio appoggio per Obama. Il sindacato dei lavoratori dell’industria alberghiera, Culinary Workers Union, che nello stato del gioco d’azzardo conta 60.000 iscritti, ha ufficializzato la medesima scelta in una conferenza stampa mercoledì mattina.

Rimane infine John Edwards, a cui il New Hampshire ha riservato solo il 17% dei voti. Gli esperti parlano di un suo possibile ritiro. Edwards non molla e nel discorso fatto martedì sera ha promesso che lotterà fino alla convention di agosto. Per lui sarà fondamentale il voto del 26 nella Carolina del Sud, dove è nato e che vinse durante le primarie del 2004. Un sondaggio Rasmussen di lunedì vede Obama vincitore con il 42% dei voti, seconda Clinton con il 30%, e nuovamente terzo Edwards con solo il 14%. Se queste previsioni verranno confermate, la lotta si trasformerà davvero in un semplice duello Clinton-Obama.